UNAEZEROQUATTRO

UNAEZEROQUATTRO

Irene Alison

È una storia di neri profondi e di volti scolpiti dal dolore, una storia di pagine mangiate dal fuoco e di statue silenziose testimoni di segreti. È una storia il cui ricordo si è raggrumato in pochi oggetti sopravvissuti al tempo e alle fiamme: un pupazzetto triste, una rosa di stoffa, un orologio rimasto fermo a quel giorno, a quell’ora precisa, come se in quel giorno e in quell’ora il tempo della Storia si fosse fermato.

L’autobomba che nella notte tra il 26 ed il 27 maggio 1993 esplode in via dei Georgofili, nel cuore del centro storico di Firenze, è una ferita individuale e collettiva che segna le pietre e le anime, lasciando dietro di sé una scia di lutti da elaborare e di domande a cui trovare risposta: Paolo Cagnacci e Matteo Cesari documentano ciò che è rimasto, raccolgono indizi, danno forma e immagine ai dubbi e ai fantasmi.

Entrano con discrezione nelle case di chi nell’attentato ha perduto chi amava o una parte di sé, incontrano i vigili del fuoco che hanno estratto le vittime dalle fiamme, i magistrati che hanno dissepolto quelle verità scomode che, dietro alle responsabilità di Cosa Nostra, fanno intravedere una lunga scia di convergenze tra politica, massoneria, mafia ed estrema destra eversiva che conduce fino alla strage.

Cagnacci e Cesari, con il loro approccio lineare, diretto ed empatico, sollevano la polvere dai faldoni e dalle coscienze richiamandoci all’obbligo morale di ricordare.

Fotografie e video evocano presenze, raccolgono indizi, attingono al repertorio della nostra memoria, intrecciando passato e presente, possibilità e ineluttabilità: la narrativa che i due fotografi fiorentini costruiscono intorno all’attentato di via dei Georgofili mescola testimonianza e reinvenzione con la consapevolezza che la fotografia è, prima di tutto, un potente strumento di interpretazione della realtà.

E che più la realtà è complessa e più si fa necessario trovare un punto di vista per guardarla; più sono dense le ombre più quel flash che Cagnacci e Cesari amano usare come codice del loro racconto serve a rischiarare, in molti sensi, la visione.

In Unaezeroquattro il loro sguardo è un faccia a faccia con la Storia, eco del rintocco di una delle sue ore più buie.

Laura Montanari

Un numero civico, un libro con le pagine toccate dal fuoco, un quadro restaurato, i resti di un altro perso per sempre. L’orologio che si è fermato all’ora della strage. Oggetti, quello che rimane: cose conservate nei cassetti o nelle case.

E poi le persone, i volti sui quali sono passati gli anni combattendo nelle aule di giustizia per una verità o dentro la scatola della memoria perché i ricordi non si levigassero con il tempo.

Questo viaggio non ci mostra la notte dell’esplosione del Fiorino in via dei Georgofili a Firenze, non comincia dalle braccia lunghe delle gru che scavano tra le macerie, non dai morti – cinque e tanti feriti e tante ferite che non si vedono e che escono dalle statistiche ma che ci portiamo addosso.

Non comincia dall’arte degli Uffizi offesa o dalle facce dei mafiosi alla sbarra, ma dal buio degli sfondi.

Da quello che ancora non sappiamo, dai sospetti, dalle prove che mancano ma che proiettano ombre anche ora, anche qui.

Il lavoro di Paolo Cagnacci e Matteo Cesari riporta a trent’anni fa, alla polvere e alle macerie della Torre dei Pulci sbriciolata senza vederne i resti, agli Uffizi devastati senza vederne i corridoi.

Ci riporta ai vetri che erano dappertutto lungo quelle strade strette del centro che si chiamano via Lambertesca e via dei Georgofili, le schegge entravano nelle suole delle scarpe e la gente dietro le transenne chiedeva di capire cosa fosse stata quell’esplosione che prima pareva una fuga di gas, poi è diventata una parola difficile da pronunciare: attentato.

Una strage di mafia nel cuore di Firenze.

Le fotografie e i video raccontano il dopo che è un tempo indefinito sul calendario fatto di battaglie quotidiane, di atti di coraggio grandi e piccolissimi, perché anche provare a rialzarsi dal letto dopo che hai perso qualcuno e qualcosa della tua vita precedente, è un atto di coraggio.

Le immagini di UNAEZEROQUATTRO non sono cristallizzate nel presente sono come le ultime pagine di un libro: ogni volto, ogni oggetto, ogni stanza si porta dietro una radice che comincia nell’istante esatto in cui il Fiorino esplode e incendia i muri che ha intorno e poi viene il buio e dopo il buio le mani dei soccorritori, dei vigili del fuoco, delle forze dell’ordine, le mani della gente, dei magistrati, dei dottori che curano le ferite, dei testimoni, le mani migliori di Firenze per guardare avanti senza perdere nemmeno un frammento di quello che è stato.

Una strage di mafia, una guerra scoppiata senza mai essere stata dichiarata.